Man mano che si allarga il numero di insetti autorizzati a scopo alimentare in Europa, si rende necessario ragionare sull’impatto e la biosicurezza dell’allevamento di questi animali.
Prima di usare gli insetti per l’alimentazione bisogna essere sicuri che siano allevati e nutriti con matrici non a rischio. Per questo sono necessarie normative per garantire la loro sicurezza partendo dai materiali organici usati nel loro allevamento, stabilendo quindi limiti per quanto riguarda contaminazioni microbiologiche, metalli pesanti, micotossine, pesticidi e altri residui indesiderati.
Gli insetti possono avere un ruolo significativo nell’alimentazione umana e degli animali solo se allevati in grandi quantità, quindi in impianti industriali. Questa non è una novità, e la bachicoltura e l’apicoltura ne sono un antico esempio. Se vogliamo allevare insetti, in particolare le loro larve, come cibo per le persone e gli animali produttori di alimenti, è necessario usare matrici alimentari sicure, allo stesso modo di qualsiasi animale da reddito
È vero che gli insetti emettono molti meno gas serra (anidride carbonica e metano) e che la Life cycle assessment, che valuta l’impatto ambientale associato a tutti gli stadi di vita di un prodotto, per gli insetti commestibili è inferiore a quella delle proteine ottenute da allevamenti di animali tradizionali, ma le larve per svilupparsi ed evolversi devono essere mantenute in ambienti riscaldati a circa 28°C. Inoltre i materiali derivanti dagli allevamenti, prima di essere utilizzati, devono essere sterilizzati. L’energia necessaria per produrre calore di riscaldamento e sanificazione dei residui di allevamento ha un’origine diversa e un’impronta di carbonio più o meno alta in base al paese produttore. Ad esempio gli alimenti d’origine larvale provenienti da allevamenti della Cina probabilmente riscaldati a carbone hanno un’impronta di carbonio superiore a quelle di allevamenti riscaldati con energie rinnovabili.
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