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Carne coltivata: un processo alle intenzioni?


Nemmeno è sul mercato e già il Governo italiano vuole impedirne la produzione e la vendita. Ma come si fa a proibire qualcosa che non esiste ancora? Parliamo della carne coltivata, che prima Coldiretti, con una petizione firmata anche dal nostro presidente del Consiglio, poi il ministro Lollobrigida con uno schema di decreto legge il cui articolo due recita Divieto di produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi sintetici stanno provando a vietare, pur non esistendo ancora la tecnologia che ne consentirebbe la vendita su larga scala. Il nostro Pianeta, intanto, non se la passa molto bene e nonostante gli allevamenti intensivi di nuova generazione siano senz’altro più attenti ai temi della sostenibilità e del benessere animale, non possono certo rappresentare la soluzione al problema.

Il nostro Pianeta, intanto, non se la passa molto bene e nonostante gli allevamenti intensivi di nuova generazione siano senz’altro più attenti ai temi della sostenibilità e del benessere animale, non possono certo rappresentare la soluzione al problema. Anzi, diciamocela tutta, essi sono parte del problema. Per rispondere alle richieste della Commissione europea – la strategia Farm to Fork vi dice qualcosa? – e delle Nazioni Unite – i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 sembrano un mantra che recitiamo al mattino prima di andare al lavoro – di un pianeta più pulito e più equo nella distribuzione delle risorse, si moltiplicano gli sforzi di trovare nuove strategie per superare un modello di produzione e consumo del cibo che, senza alcun correttivo, diventerà sempre più insostenibile. Nessuno pretende di avere la bacchetta magica. Non esistono soluzioni semplici ma proibire o scoraggiare gli investimenti anche nel settore nascente della carne coltivata significa essere poco lungimiranti rispetto ai problemi che abbiamo davanti a noi e privarci di un ulteriore strumento che potrebbe essere utile ad affrontare le sfide che ci attendono. E poi, da studioso di Filosofia morale, non posso che avere un occhio di riguardo per quelle soluzioni che, oltre al nostro benessere, si preoccupano un po’ anche del benessere degli animali e dell’ambiente, nella consapevolezza che siamo tutti parte di un’unica rete, il cui destino è, forse, ancora da scrivere.


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