«Un vero caseificio, ma senza mucche». Così recita lo slogan di Remilk, e presto il suo motto campeggerà sul mega-stabilimento da 70mila metri quadrati in via di costruzione in Danimarca, a Kalundborg, nel neonato distretto del cibo hi-tech. Remilk è una start-up israeliana e sarà la prima a produrre su larga scala il latte sintetico: il latte, cioè, fatto senza mucche. Niente a che vedere con le bevande sostitutive del latte, come quelle alla soia o alla mandorla. Qui si tratta di latte - e yogurt, e formaggi, e gelati - al sapore di latte, indistinguibili dal latte vero.
Dopo l’hamburger impossibile, al sapore di carne ma senza carne, si apre dunque l’era del latte sintetico. Alla Remilk si utilizza il principio della fermentazione microbica, cioè si sfrutta il processo usato per produrre alimenti alcolici come la birra o lievitati come il pane. Il gene responsabile della produzione delle proteine del latte nelle mucche viene copiato, quindi viene inserito nel lievito, che dal gene impara come produrre la proteina del latte in modo altamente efficiente. Il lievito viene infine inserito nei fermentatori, dove si moltiplica rapidamente e produce proteine del latte, identiche a quelle prodotte dalle mucche. Combinati con vitamine, minerali, grassi e zuccheri non animali, questi mattoncini proteici possono diventare qualsiasi cosa, dalla panna montata ai formaggi più stagionati.
l latte sintetico è indubbiamente sostenibile. Secondo i ricercatori della Remilk, per produrre in laboratorio la stessa quantità di latte di una fattoria serve il 99% in meno di suolo occupato. Senza contare che per gli animalisti si aprirebbe l’era della fine dello sfruttamento animale. Quanto alle opportunità di mercato, al momento è ancora tutto da capire. Se però guardiamo al segmento delle bevande vegetali, secondo i dati Euromonitor il fatturato mondiale nel 2021 ha già raggiunto i 17 miliardi di dollari: certo, siamo lontani dai 650 miliardi generati dal mercato di latte di mucca, ma le percentuali di crescita registrate negli ultimi anni sono interessanti. Sono le multinazionali a crederci, soprattutto: Danone, per esempio, porta già a casa 2 miliardi di euro all’anno dai prodotti ricavati dalle piante.
Secondo un sondaggio realizzato dalla Coldiretti, i consumatori starebbero tutti dalla parte degli allevatori: il 95% degli italiani non mangerebbe carne sintetica se la trovasse sugli scaffali perché il 68% non si fida delle cose non naturali e il 60% ha consistenti dubbi sul fatto che i prodotti di sintesi siano sicuri. Infine, il 42% degli intervistati la carne artificiale non potrà mai avere lo stesso sapore di quella vera.
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