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Cibo spaziale, ecco le nuove frontiere e le ricadute sulla Terra


Il cibo nello spazio è un tema di ricerca in grande crescita da quando è in operazione la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e rappresenta una grande sfida per la futura esplorazione della Luna e di Marte. Gli sviluppi della ricerca scientifica e tecnologica legati all’alimentazione degli astronauti interessano anche la vita dell’uomo sulla Terra, perché in grado di innescare tutta una serie di ricadute che, come vedremo più avanti, spaziano negli ambiti più diversi.

La Stazione Spaziale Internazionale (ISS) orbita a circa 400 km dalla Terra e, con gli attuali sistemi di trasporto spaziale, è facilmente raggiungibile in meno di mezza giornata. È, quindi, possibile consentire sia i rifornimenti di cibo ed acqua, che lo smaltimento dei rifiuti.

Oggi gli astronauti si nutrono in gran parte di cibi preconfezionati, che vengono comunemente forniti in imballaggi di plastica o lattine. Raramente possono avere vegetali freschi. Il modo più veloce per mangiare è riscaldare i cibi a microonde e reidratarli. La dieta dell’astronauta è piuttosto varia, molto simile a quella che troviamo normalmente sul nostro pianeta: si compone di tre pasti al giorno, più gli spuntini, per un apporto medio giornaliero di 2500 calorie tra carboidrati, proteine e vitamine.

Negli ultimi anni, la scienza è diventata sempre più consapevole del ruolo determinante del microbiota intestinale per la salute umana, che svolge funzioni fisiologiche, metaboliche ed immunologiche fondamentali per mantenere uno stato di benessere fisico e mentale. Un microbiota sano è costituito da diverse specie di microbi (biodiversità), ciascuna in buona quantità, con una prevalenza maggiore di quelle benefiche per l’uomo e, comunque, in equilibrio tra loro.

Il microbiota svolge, pertanto, un ruolo importante nel mantenimento dello stato di salute della persona, ma si modifica con il variare degli alimenti che lo influenzano e anche in situazioni di stress. Sappiamo che più lunga è la permanenza di un astronauta al di fuori dell’atmosfera terrestre e maggiore è l’impatto sull’organismo, in particolare sul sistema immunitario, sia durante lo svolgimento della missione che una volta rientrato sulla Terra. È stato anche provato che determinati cibi assunti durante la permanenza nello spazio e una corretta organizzazione della dieta possono colmare, almeno in parte, gli scompensi di cui l’organismo può soffrire. Da alcuni anni sulla ISS gli astronauti hanno la possibilità di coltivare piante, come lattuga e zucchine, all’interno di un ambiente controllato. Già dal 2015 è diventato operativo sulla ISS il Sistema di Produzione Vegetale (Veggie) per produrre ingredienti per insalate. Questa è una delle poche fonti di cibo fresco disponibili sulla Stazione Spaziale. Le tecnologie di coltivazione in ambienti chiusi stanno facendo grandi passi in avanti e già da tempo si stanno conducendo diversi esperimenti sul cibo nello Spazio. La coltivazione di piante offre agli astronauti la possibilità di studiare gli effetti della microgravità sulla crescita delle piante e di utilizzare le camere di coltura per la produzione di cibo nello spazio, come l’Advanced Plant Habitat (APH), che ha le dimensioni di un mini frigorifero ed è progettata per studi di fisiologia vegetale al fine di riconoscere le migliori condizioni per la crescita di alcuni tipi di piante.

Come accade agli astronauti, nello spazio anche le piante sono sottoposte a stress ambientali specifici che non subiscono sulla Terra, tra cui la microgravità, le radiazioni ionizzanti e lo stress ossidativo; le piante, però, si adattano meglio a condizioni potenzialmente ostili.

Le verdure che rivestono maggiore interesse per la coltivazione nello spazio sono i microgreens, micro ortaggi che vengono raccolti prima del completo sviluppo e che sono ricchi di elementi nutrienti e protettivi, in concentrazione molto più alta rispetto agli ortaggi sulla Terra. Si tratta di una nuova categoria di ortaggi ad alto valore nutraceutico, come cavoli, rucola, spinaci, broccoli, caratterizzata da un ciclo di crescita molto breve, che consente un raccolto da una a tre settimane dopo la semina.

Un avamposto permanente su Luna e Marte dovrà essere sostenibile dal punto di vista delle risorse essenziali; il cibo e l’acqua saranno beni preziosi. In questo contesto è egualmente importante che il cibo rimanga inalterato per la durata delle missioni e che i packaging siano idonei a mantenere i cibi intatti per lunghi periodi.

Le future missioni spaziali con lunga permanenza dell’uomo a bordo di piattaforme orbitanti molto distanti dalla Terra o in colonie spaziali sulla Luna o su Marte sono condizionate dalla possibilità di creare un ecosistema artificiale in cui le piante svolgeranno un ruolo biologico centrale: sistemi biorigenerativi di supporto alla vita per la rigenerazione ambientale (in particolare di aria e acqua) e di cibo.

Uno dei principali obiettivi della ricerca legata all’esplorazione umana dello Spazio è capire se sia possibile coltivare sul suolo della Luna, ma abbiamo già qualche elemento a favore: sono nate le prime piante “lunari”, piantine di Arabidopsis cresciute su campioni di terreno della Luna riportati a Terra durante le missioni Apollo 11, 12 e 17.

Sappiamo che le piante hanno colonizzato la Terra molto prima dell’uomo e attraverso il loro ciclo vitale hanno modificato l’ambiente terrestre in modo tale da permettere l’evoluzione di sistemi biologici sempre più complessi fino ad arrivare agli esseri umani. L’atmosfera terrestre all’inizio non conteneva nessuno dei gas presenti ora, ma era composta da idrogeno, vapore acqueo, metano e altri gas, ed è stato solo dopo milioni di anni di trasformazione della Terra e di evoluzione degli organismi viventi, in primo luogo delle cellule vegetali che hanno prodotto l’ossigeno, che l’ambiente è diventato quello che ha accolto l’uomo e che ci permette di vivere.

Installare delle serre con sistemi autonomi e computerizzati sulla Luna o su Marte sarà una parte importante delle future missioni di esplorazione umana. Nel futuro, le piante giocheranno un ruolo significativo nelle missioni spaziali di lunga durata, fornendo cibo, producendo ossigeno, eliminando CO2 e purificando l’acqua.

Sulle future basi e stazioni spaziali sistemi di coltivazione avanzata e automatizzati garantiranno l’approvvigionamento di cibo fresco e nutriente agli astronauti impegnati in future missioni spaziali a lungo termine. Verranno utilizzate tecniche idroponiche e aeroponiche per far crescere piante senza utilizzo di terra ma attraverso un riciclo di sostanze nutrienti, che potrebbero consentire una produzione su larga scala in spazi flessibili.

Sappiamo che un astronauta ha bisogno di 5 Kg/giorno in termini di consumo metabolico, così composti: 1 Kg di ossigeno, 1 Kg di cibo disidratato, 3 Kg di acqua che servono sia da bere che per reidratare il cibo essiccato.

Pertanto, per una missione a Marte, che avrà una durata di almeno 2 anni, per ogni astronauta saranno necessari 2700 Kg di cibo e 2400 litri di acqua.

Tenuto conto di questi numeri, non potremo portare tutte le razioni alimentari necessarie agli astronauti e bisognerà trovare un modo per produrre questo cibo. Far crescere le piante nello spazio sarà necessario per missioni spaziali di lunga durata e, in questo modo, il cibo coltivato nello spazio potrebbe andare a coprire un quarto o addirittura la metà della razione giornaliera di cui necessita un astronauta.

Per le missioni oltre la bassa orbita terrestre, che prevedono anche una lunga permanenza in ambienti “ostili”, il cibo assumerà inoltre una notevole rilevanza non solo in termini di nutrizione, ma soprattutto in termini di comfort food, con benefici sia per la mente che per l’umore dell’astronauta. E aiuterà anche a far sentire l’astronauta meno lontano da casa!

Le future missioni spaziali umane oltre la bassa orbita terrestre necessitano lo sviluppo di tecnologie per la produzione di cibo, per il packaging e la sua conservazione, e per lo smaltimento dei relativi rifiuti. Per l’autosufficienza degli astronauti in missioni extraterrestri sarà cruciale la possibilità di poter produrre alimenti in situ. L’agricoltura “spaziale” ha come fine ultimo la sostenibilità di futuri avamposti permanenti su Luna e Marte dal punto di vista del cibo e dell’acqua, che sono risorse essenziali per la sopravvivenza dell’uomo in questi ambienti estremi.

La ricerca nel campo della crescita di specie vegetali nello spazio, insieme alla tecnologia che si raggiungerà nello sviluppo di sistemi biorigenerativi, potrà rendere anche l’agricoltura terrestre più sostenibile. Questo vuole dire che potranno essere implementate agricolture più efficienti, più parsimoniose d’acqua e di energia anche sulla Terra e sviluppate tecnologie di coltivazione in serre poco ingombranti e poco energivore. Ulteriori vantaggi provenienti dalla ricerca spaziale saranno il miglioramento dei sistemi di coltivazione indoor in ambiente controllato, lo sviluppo di tecnologie per il monitoraggio delle performance delle specie vegetali in risposta agli stress e la formulazione di cibo innovativo (salubre, stabile e sostenibile) potenzialmente utile negli attuali scenari di cambiamento climatico. A causa degli effetti negativi ormai evidenti del climate change, stanno aumentando le zone del nostro pianeta colpite da siccità o inondazioni e per questo non più produttive per l’agricoltura. Dalla ricerca nello spazio potremo trasferire e applicare alle aree di crisi sul nostro pianeta le tecniche di coltivazione in ambienti estremi per ricreare un ecosistema terrestre, ma artificiale.

Altri settori importanti per il trasferimento tecnologico sulla Terra della ricerca scientifica nello spazio sono rappresentati dalle tecniche di preservazione del cibo per tempi lunghi in modo sostenibile e dai sistemi efficienti di riciclo degli scarti biologici.

Anche la salute sulla Terra potrà ricevere benefici dall’esplorazione umana dello Spazio.  Le condizioni estreme spaziali (microgravità, radiazioni, isolamento e confinamento) hanno effetti deleteri sulla salute psico-fisica dell’uomo. È quindi fondamentale l’individuazione di alimenti e integratori nutraceutici con potere rigenerativo e protettivo per gli astronauti. Tali prodotti non devono solo fornire i nutrienti necessari per mantenere la salute fisica, ma devono garantire anche un’elevata soddisfazione sensoriale e avere effetti positivi sull’equilibrio ormonale e psicologico degli astronauti.

La conoscenza delle contromisure nutrizionali adatte a proteggere gli astronauti nelle missioni spaziali permetterà di individuare diete con approcci personalizzati per curare una serie di malattie sulla Terra. In particolare, potranno essere finalizzate terapie naturali per contrastare l’invecchiamento e lo stress ossidativo, che possono portare a malattie degenerative, e utilizzate diete che includano pasti funzionali con effetti benefici per la salute fisica e psicologica del paziente sulla Terra.

Per il food spaziale saranno messe a punto matrici alimentari ad alto contenuto nutrizionale, che potranno essere molto utili per combattere la fame nelle zone sotto-sviluppate del nostro pianeta o essere utilizzate in situazioni estreme dovute a guerre o carestie, in cui è difficile ottenere cibo ad alto contenuto di nutrienti. A tal fine, potrebbero essere impiegate varietà di vegetali commestibili, selezionate nello spazio per ottenere colture con rese più elevate, migliori profili nutrizionali e resistenza alle malattie.


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