E
ntro i prossimi trent’anni l’umanità dovrà trovare il modo di produrre una quantità di cibo superiore a quella attuale in una percentuale che, a seconda delle stime, va dal 30 al 70%. È possibile? Sarà in grado di farlo senza rendere il pianeta del tutto inabitabile? A dare una risposta, prova ora un grande studio internazionale pubblicato su Nature Food, nel quale i ricercatori dell’Università di Copenhagen hanno immaginato un ecosistema di soluzioni. Le possibili tecnologie sono infatti ben 75, e ricoprono vari aspetti: dalla sostenibilità ambientale della produzione alla riduzione degli sprechi, dalle condizioni di lavoro alla salubrità di ciò che portiamo in tavola, dalla lavorazione del cibo alla conservazione. Molti dei sistemi che potrebbero ridurre l’impatto del cibo sono ancora sperimentali, in via di ottimizzazione, ma tantissimi altri sono già utilizzabili e spesso in uso già oggi, anche se al momento rappresentano ancora piccole nicchie.
L’intelligenza artificiale e la robotica saranno il grande motore delle nuove produzioni. Le microalghe, oggi già sfruttate per la produzione di biodiesel, avendo un ottimo profilo nutrizionale e un bassissimo impatto ambientale, rivestiranno un ruolo molto più centrale nell’alimentazione di uomini e animali, e la loro coltivazione sarà molto diffusa. Lo stesso vale per i sistemi idroponici, cioè le colture senza suolo, soprattutto in verticale (il cosiddetto vertical farming), che richiedono meno risorse e meno fitofarmaci. Nuove piante, con caratteristiche di resilienza più accentuate di quelle attuali grazie all’editing genetico, garantiranno rese migliori anche in condizioni climatiche critiche. Come fonte di proteine per uomini e animali ci saranno poi gli insetti, il cui valore nutrizionale è elevatissimo, e speculare al loro bassissimo impatto ambientale.Infine, nuovi polimeri biodegradabili aiuteranno a eliminare gradualmente la plastica che soffoca il pianeta.
Qui l'articolo di Nature Food
Qui l'articolo de Il fatto alimentare che ne parla
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