Il futuro del sistema alimentare del pianeta si trova ad affrontare sempre più incertezze attribuibili alla crescita della popolazione e all’aumento della domanda di cibo nutriente. Le pratiche agricole tradizionali sono destinate a mettere a dura prova la produzione, nonché le risorse naturali e i servizi ecosistemici forniti, in particolare in un clima che cambia.
Gli insetti commestibili
Date le loro notevoli caratteristiche, tra cui un basso impatto ambientale, un elevato rapporto di conversione alimentare, una rapida crescita e valori nutrizionali, gli insetti commestibili possono svolgere un ruolo vitale nel sistema alimentare globale. Tuttavia, persistono sostanziali lacune di conoscenza riguardo alla loro diversità, distribuzione globale e caratteristiche condivise tra le regioni, che potenzialmente impediscono un’efficace scalabilità e l’accesso agli insetti commestibili.
In un recente studio pubblicato a Nairobi da Omuse, E.R., Tonnang, H.E.Z., Yusuf, A.A. et al. (The global atlas of edible insects: analysis of diversity and commonality contributing to food systems and sustainability) gli autori hanno analizzato il database frammentato sugli insetti commestibili e identificato potenziali fattori che chiariscono il consumo di insetti, a livello globale, concentrandosi sulla promozione di un sistema alimentare sostenibile, raccogliendo dati da varie fonti, tra cui Global Biodiversity Information Facility e iNaturalist per la presenza geografica di insetti commestibili, la libreria Copernicus Land Service per la copertura globale del territorio e FAOSTAT per popolazione, reddito, e parametri di sicurezza nutrizionale.
Lo studio identifica 2205 specie di insetti, consumate in 128 Paesi a livello globale. Tra i continenti, l’Asia ha il maggior numero di insetti commestibili (932 specie), seguita dal Nord America (soprattutto Messico) e dall’Africa. I Paesi con il maggior consumo di insetti sono Messico (450 specie), Thailandia (272 specie), India (262 specie), Congo (255 specie), Cina (235 specie), Brasile (140 specie), Giappone (123 specie) e Camerun (100 specie). Lo studio ha anche rivelato alcune pratiche comuni e specifiche relative all’accesso e all’utilizzo degli insetti commestibili tra Paesi e regioni. Sebbene il consumo di insetti sia spesso radicato nelle pratiche culturali, mostra correlazioni con la copertura del suolo, la presenza geografica di insetti potenzialmente commestibili, la dimensione della popolazione di un Paese e i livelli di reddito. La pratica di mangiare insetti è legata alla cultura delle popolazioni di Africa, Asia e America Latina, mentre una maggiore consapevolezza e la necessità di sostenibilità alimentare stanno spingendo la maggior parte dei Paesi europei a valutare il consumo di insetti. Pertanto, gli insetti commestibili stanno diventando una parte sempre più significativa del futuro dei sistemi alimentari planetari: secondo i ricercatori, sono necessari sforzi proattivi per promuoverli e per dare un contributo efficace al raggiungimento di una produzione alimentare sostenibile.
Africa e Asia si trovano ad affrontare deficit significativi nell’assunzione di alimenti essenziali, in particolare di proteine. Nel 2022, l’apporto proteico giornaliero pro capite era relativamente basso in Africa (64,4 g), seguita da Asia (81,8 g), Sud America (87,8 g), Oceania (94,5 g), con il livello più alto in Nord America (115,3 g ) ed Europa (104,1 g). Gli alimenti di derivazione animale (pesce, carne e uova) rappresentavano l’apporto proteico in queste regioni. L’assunzione di grassi segue un modello simile, con i livelli più bassi in Africa (54,0 g) e Asia (79,5 g), rispetto al Nord America (179,5 g) e all’Europa (136,2 g). Tuttavia, su oltre 6.000 colture alimentari, solo 9 (mais, riso, grano, patate, soia, manioca, canna da zucchero, frutti di palma da olio e barbabietola da zucchero) contribuiscono per oltre il 66% al cibo consumato. Queste disparità sottolineano la necessità di un cambiamento di paradigma nel sistema alimentare globale per raggiungere l’Obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (No Hunger), soprattutto in Africa, dove l’assunzione di proteine e grassi rimane bassa.
Gli insetti commestibili hanno attirato l’attenzione come fonte proteica sostenibile, con un contenuto di proteine grezze che varia da 40 a 75, superando quello delle proteine animali (dal 12% al 34,5%) e delle proteine vegetali (dal 7% al 50%). Gli insetti sono altamente commestibili, poiché circa l’80% del loro peso corporeo è consumabile, rispetto al 55% dei polli e dei suini e al 40% dei bovini. Gli insetti commestibili offrono anche diversi nutrienti essenziali, antimicrobici, enzimi e chitina.
Inoltre, gli insetti possono essere allevati o addomesticati in quello che viene comunemente chiamato “minilivestock” traducibile come mini-mandria… Tuttavia, solo il 6% delle specie di insetti commestibili è stato allevato con successo, mentre il 94% è ancora raccolto in natura. I rapporti di conversione del mangime per insetti sono significativamente più efficienti di quelli del bestiame tradizionale. Ad esempio, i grilli necessitano di dodici volte meno mangime rispetto ai bovini, quattro volte meno rispetto alle pecore e due volte meno rispetto ai maiali e ai polli, per produrre la stessa quantità di proteine. In termini di efficienza delle risorse, 1 kg di carne bovina richiede molta più acqua (3000 volte), mangime (12,5 volte) e aree di allevamento notevolmente maggiori rispetto a quanto necessario per produrre 1 kg di grilli.
Infine, alcuni insetti sono più adatti a un’economia circolare sostenibile. Ad esempio, la Hermetia illucens (Diptera: Stratiomyidae) può convertire i rifiuti in fertilizzante organico che alimenta l’agricoltura, mentre le loro larve fungono da fonte proteica per l’alimentazione animale. Possono essere allevati in massa con materiali di scarto a bassissimo costo, raddoppiando e diversificando così i benefici di questo nuovo approccio, ovvero proteine a basso costo e di alto valore, riciclaggio dei rifiuti, salute del suolo e dell’ambiente.
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