L’economia circolare può essere una soluzione sostenibile per contrastare lo spreco alimentare? In che modo produzione, trasformazione, distribuzione e consumo, cioè i diversi stadi della filiera del food, incidono sullo spreco? Che responsabilità e che ruolo possiamo avere noi consumatori per limitare il fenomeno?
1. La lotta allo spreco alimentare per uno sviluppo sostenibile
La lotta allo spreco delle risorse alimentari è diventata una delle principali sfide per lo sviluppo sostenibile. L’Agenda 2030 con il goal 12.3 pone come ambizioso obiettivo di rilevanza planetaria il dimezzamento dello spreco entro tale data.
Per comprendere la questione è importante distinguere il concetto di “perdita” e “spreco” alimentare, che sebbene equivalenti giacché facciano riferimento a “cibo non consumato”, si riferiscono a problematiche che si manifestano in fasi diverse della catena del valore alimentare. L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) qualifica la perdita alimentare come “la diminuzione della quantità o della qualità del cibo derivante da decisioni e azioni da parte dei fornitori alimentari nella catena, esclusi rivenditori, fornitori di servizi di ristorazione e consumatori”, e lo spreco alimentare come “la diminuzione della quantità o della qualità del cibo derivante da decisioni e azioni da parte di rivenditori, fornitori di servizi di ristorazione e consumatori”. Perdite e sprechi possono, quindi, verificarsi nelle diverse fasi della filiera agroalimentare e possono derivare dalla produzione eccessiva, dalla presenza di scorte eccessive nella grande e piccola distribuzione, dalla diffusione di pratiche relative a standard estetici eccessivamente rigidi (“la frutta se non è bella non arriva sugli scaffali”) e da una cattiva gestione domestica della pianificazione della spesa e del consumo finale.
Mentre nei Paesi a basso reddito, il fenomeno della perdita di beni alimentari è in gran parte dovuta alla cattiva organizzazione e gestione della filiera produttiva e distributiva, nei Paesi ad alto e medio reddito è legato soprattutto alle abitudini alimentari, poco attente al risparmio o al riciclo (BGC, 2023).
A livello mondiale, si stima che circa il 14% del cibo viene perso nella catena di approvvigionamento alimentare, dal post-raccolta fino alla vendita all’ingrosso inclusa (FAO, 2019), mentre il 17% viene sprecato tra vendita al dettaglio e consumo (UNEP, 2021).
Il problema dello spreco alimentare è riconosciuto come uno dei più gravi paradossi dell’attuale modello di produzione e consumo, che solleva questioni di sostenibilità economica, sociale e ambientale. Mentre una parte significativa di cibo viene sprecata, il World Food Programme comunica che circa il 9% della popolazione soffre di malnutrizione. Allo stesso tempo, come rileva l'Ellen MacArthur Foundation, il sistema alimentare è responsabile di oltre il 20% delle emissioni globali di gas serra.
La necessità di cambiare questo stato di cose richiede lo sviluppo di strategie innovative per la transizione verso la sostenibilità.
2. L’economia circolare può essere una soluzione?
Sfide ambientali e risorse limitate spingono verso modelli economici e comportamenti di consumo che siano sostenibili nel lungo termine. L’economia circolare, quale paradigma alternativo all'economia lineare, rappresenta una possibile soluzione per contrastare lo spreco alimentare (Cicullo et al., 202). Esso è un sistema in cui i prodotti e i materiali sono concepiti per essere utilizzati e riutilizzati attraverso diversi cicli di vita, riducendo al minimo la generazione di rifiuti e il consumo di risorse vergini scarse.
I principi chiave dell'economia circolare includono la progettazione per la durabilità, il riciclo, il riutilizzo, la riparazione e la condivisione delle risorse. Questi principi favoriscono la creazione di un sistema in cui i prodotti mantengono il loro valore il più a lungo possibile, riducendo al minimo l'impatto ambientale.
Nel contesto alimentare, l'economia circolare si traduce nell'ottimizzazione di ogni fase della catena del valore, dalla coltivazione alla tavola e oltre. Attraverso pratiche come il riciclo dei rifiuti organici, il compostaggio, il recupero energetico e la condivisione delle eccedenze alimentari, l'economia circolare mira a minimizzare lo spreco e a massimizzare il valore delle risorse alimentari e la loro distribuzione. Coltiviamo e produciamo il necessario, riduciamo perdite e sprechi, condividiamo il più possibile, favoriamo le produzioni locali e tipiche, promuoviamo un consumo responsabile e frugale, mettiamo in rete gli attori per facilitare efficienza ed efficacia del sistema, incentiviamo ed educhiamo al riuso ed allo smaltimento virtuoso. Sembrerebbero indicazioni tanto banali quanto semplici da tradurre in comportamenti sostenibili. Tuttavia, il passaggio da un modello lineare a uno circolare richiede in primis un cambio di mentalità sia da parte delle imprese che dei consumatori, superando l’abitudine sfrenata “all’usa e getta" e orientando le scelte verso il riuso e l’utilizzo di prodotti riciclati, che in alcuni casi si trasformano in materie prime seconde. La transizione richiede cambiamenti culturali, educativi e normativi significativi.
Sousa et al. (2021) hanno studiato la percezione dei consumatori riguardo l'economia circolare nel contesto dell’industria alimentare. I risultati hanno suggerito la difficoltà di una chiara comprensione da parte dei consumatori dei principi dell’economia circolare; lo sforzo di tutti deve essere indirizzato a comunicare, educare, promuovere e diffondere tali principi per una loro migliore comprensione, accettazione e integrazione nei comportamenti individuali e collettivi.
Nel tempo poi nuove idee ed iniziative virtuose nella logica della economia circolare, di una organizzazione più efficiente e responsabile della filiera, che metta a sistema produttori, distributori, pubblici esercizi e consumatori si stanno a poco a poco diffondendo, grazie anche alle opportunità offerte dalle tecnologie dell’informazione. Tra le iniziative promosse nella lotta contro lo speco alimentare vi è quella della Fondazione Banco Alimentare, ONLUS italiana, che si occupa della raccolta di generi alimentari e del recupero delle eccedenze alimentari derivanti dalla produzione agricola e industriale al fine di redistribuirla a strutture caritative. Un altro esempio di grande successo è la famosa iniziativa "Too Good To Go". Questa piattaforma digitale, operante in diverse nazioni, si pone l'obiettivo di ridurre il cibo invenduto e inutilizzato attraverso un sistema di distribuzione razionale ed efficiente. Gli esercizi commerciali, quali ristoranti, supermercati, pasticcerie e panetterie, offrono il cibo non venduto a prezzi ridotti, consentendo ai consumatori di acquistare e ritirare prodotti di qualità a un prezzo vantaggioso. Si combatte lo spreco, si favorisce una più equilibrata distribuzione dell’accesso al cibo e si riduce l’invenduto. Ciò significa incidere sulle tre dimensioni della sostenibilità: economica, ambientale e sociale. L’azienda ha, inoltre, dato vita al “Patto contro lo spreco alimentare”, un’alleanza che si basa su 5 azioni (Etichetta Consapevole, Azienda Consapevole, Consumatore Consapevole, Supermercato contro lo Spreco, Fabbrica contro lo Spreco) e che ha coinvolto 25 partner tra aziende, terzo settore e organizzazioni dei consumatori.
Con lo stesso obiettivo è stata creata Phenix, una app dove è possibile acquistare prodotti invenduti da ristoranti, bar e supermercati. “Myfoody” è una altra applicazione con cui i supermercati possono segnalare agli utenti le offerte e gli sconti che applicano su prodotti in scadenza o che presentano difetti estetici.
Un’iniziativa altrettanto interessante è quella degli orti sociali, ovvero appezzamenti di terreno, di dimensioni medio-piccole, assegnati solitamente a cooperative che offrono assistenza a categorie disagiate e comunità locali con la possibilità di produrre in proprio gli ortaggi, promuovendo in tal modo l’integrazione sociale e l’autoconsumo. Spesso si tratta di coltivazioni biologiche (o almeno a basso impatto ambientale) in aree degradate o periferiche della città.
In alcuni casi, poi, gli scarti della produzione alimentare o anche del consumo possono divenire materie prime seconde. “Orange fiber”, ad esempio, è riuscita a creare una cellulosa utilizzando il pastazzo di agrumi, avviando così la produzione di una fibra simile alla seta, attualmente già utilizzata da brand come Salvatore Ferragamo e H&M. “Frumat” ha creato carta, tessuti ed ecopelle utilizzando le bucce e i torsoli delle mele, mentre la startup “Funghi Espresso” si è specializzata nella produzione di funghi Pleurotus utilizzando come substrato di coltivazione il fondo del caffè.
Molte quindi sono le iniziative nate per contrastare lo spreco alimentare, anche grazie al supporto della Piattaforma italiana per l’economia circolare (https://www.icesp.it/), che facilitando la cooperazione tra diversi attori come, privati, istituzioni, associazioni, ha contribuito alla nascita di iniziative orientate all’integrazione dei cicli ed alla prevenzione e valorizzazione delle risorse in tutte le fasi della filiera agroalimentare (Es. RicibiAMO, AgricolaLenti, Ricereuse etc..).
3. Noi consumatori possibili agenti per la transizione
Combattere lo spreco alimentare richiede uno sforzo congiunto a livello globale. Ognuno di noi può contribuire ad affrontare questa sfida acquistando, cucinando e consumando il cibo in maniera più consapevole. Ridurre lo spreco alimentare non solo ci avvicina a una maggiore sostenibilità, ma anche a un mondo in cui il cibo è equamente distribuito e apprezzato nella sua interezza. È fondamentale che la mentalità di ciascuno di noi sia orientata ad adottare pratiche di riutilizzo, riciclo e di consumo responsabile per favorire le aziende più “virtuose” in una logica di sostenibilità. Per promuovere un'agenda economica circolare, infatti, sono richiesti cambiamenti avanzati da parte dei consumatori stessi, orientati ad un consumo di tipo “responsabile”. Essi, infatti, possono diventare sia attori attivi nell’implementare i principi dell’economia circolare che fungere da stimolo per le imprese nell’adozione di comportamenti circolari.
Una gestione sostenibile si verifica in ogni fase del percorso alimentare del consumatore, dalla pianificazione, acquisto, cottura, riciclaggio e smaltimento (Sobal & Bisogni, 2009). L’applicazione dei principi dell’economia circolare si manifesta in tre azioni: “Ridurre”, “Riutilizzare” e “Riciclare”.
La riduzione degli sprechi richiede un'attenta pianificazione della spesa e dei pasti, che si traduce nell'acquisto dei soli alimenti necessari, un consumo efficiente di ciò che è stato acquistato. La conseguenza è una minimizzazione dei rifiuti da smaltire. Il riutilizzo avviene o utilizzando gli alimenti come risorsa per pasti futuri o attraverso la condivisione degli stessi (Jagau & Vyrastekova, 2017). Infine, il riciclaggio dei rifiuti alimentari avviene attraverso la separazione alla fonte (separando il cibo da altri tipi di rifiuti) e l’utilizzo dei residui alimentari per altre finalità (compostaggio domestico) (Lea & Worsley, 2008).
A tal riguardo la FAO ha delineato alcune regole che ciascuno di noi può attuare per ridurre lo spreco alimentare.
Il consumatore, quindi, può e deve avere un ruolo chiave nell'implementazione dell'economia circolare, diventando un catalizzatore del cambiamento verso un'economia basata sulla circolarità. Il consumo responsabile implica una riflessione consapevole sulle scelte d’ acquisto al fine di minimizzare l'impatto ambientale e sociale. Si tratta di un'evoluzione dell'atteggiamento tradizionale di acquisto, che considera non solo il prezzo e la qualità, ma anche l'origine del prodotto, il suo impatto ambientale e le pratiche etiche dell'azienda produttrice. Attraverso il suo comportamento, può favorire la diffusione di prodotti e servizi circolari, creando una domanda di mercato per soluzioni sostenibili, può influenzare positivamente l'intera catena del valore, spingendo le imprese verso l’implementazione dell’economia circolare. Illuminati economisti (Becchetti) parlano di "voto con il portafoglio", ad indicare il potere di noi consumatori al momento dell’acquisto di votare per i prodotti, le marche e le aziende sostenibili.
L’orientamento del mercato verso prodotti eco-compatibili, con imballaggi meno impattanti o facilmente riciclabili, spinge le aziende a ridefinire il loro approccio alla progettazione, al design ed alla produzione. Un aumento del consumo responsabile può innescare cambiamenti sociali più ampi verso un'attenzione maggiore all'ambiente e al benessere collettivo. A ben guardare, infatti, la promozione del consumo responsabile e dell'economia circolare va oltre il mero atto di acquisto. Il consumatore può svolgere un ruolo di advocacy, sensibilizzando la società e le istituzioni ai temi della sostenibilità e spingendo per l'adozione di politiche pubbliche coerenti.
In sintesi, le azioni del consumatore dovrebbero includere:
1) Scelte di acquisto informate: optando per prodotti riciclabili, riparabili e riutilizzabili, il consumatore sostiene il design circolare e premia aziende impegnate nella sostenibilità.
2) Minimizzazione degli sprechi: riducendo gli acquisti impulsivi e la frequenza di sostituzione dei prodotti, il consumatore contribuisce a estendere il ciclo di vita dei beni e a ridurre gli sprechi.
3) Promozione dell'economia dei servizi: favorire i modelli basati sulla condivisione (sharing economy) anziché sulla proprietà può stimolare l'utilizzo ottimale delle risorse e ridurre la produzione di beni superflui.
Nel tempo si sono sviluppati movimenti di consumo responsabile come i “gruppi di acquisto solidale” (GAS), ovvero gruppi di persone, che basandosi sulla disintermediazione della filiera e partendo da un approccio critico al consumo, si organizzano per acquistare “in gruppo” alimenti direttamente da produttori ritenuti etici e sostenibili.
Allo stesso tempo, per orientare il consumo verso un approccio più responsabile si sono diffuse alcune app come lo “Sprecometro”, che consente agli utenti, che forniscono informazioni in merito ai propri comportamenti alimentari, di misurare lo spreco in termini di denaro, carbon footprint e consumo di acqua.
“Svuotafrigo” è un’altra app che fornisce suggerimenti su come utilizzare gli ingredienti presenti nel frigorifero o nella dispensa; “PucciFrigo” consente di monitorare la durata dei prodotti, inviando notifiche per quelli in prossimità della scadenza.
Nell’ottica poi di una pianificazione e un acquisto più virtuoso sono nate “Bring”, un’app di supporto per la lista della spesa e il “Babaco Market”, che consente di acquistare frutta e verdura che a causa di difetti estetici vengono scartati dai canali di distribuzione tradizionali.
Infine, appare importante sottolineare che uno strumento che può essere utilizzato per “indirizzare” i consumatori verso un consumo più responsabile è il Cause-Related Marketing (CRM), forme di partnership tra imprese ed organizzazioni non-profit che in maniera formale si accordano al fine di ottenere un reciproco vantaggio per sostenere cause sociali. Queste iniziative possono essere uno strumento efficace strumento di sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza del pubblico su questioni sociali o ambientali importanti. In questo senso Fondazione Umberto Veronesi si è mossa attraverso diverse campagne di cause related marketing nel food: “I limoni per la ricerca”, “i broccoli “vestiti” di Citrus L’Orto Italiano” e “le noci per la ricerca”.
4. Qualche considerazione finale
Lo spreco alimentare si pone, quindi, come una sfida complessa e multiforme con implicazioni considerevoli nelle dimensioni della sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Emerge la necessità di affrontare questa problematica con un approccio integrato, coinvolgendo istituzioni, imprese, comunità locali e consumatori. Solo attraverso uno sforzo collaborativo mirato si potranno realizzare progressi significativi verso un modello di produzione e consumo più sostenibile, dove le risorse alimentari vengano prodotte ed utilizzate con giudizio e equità.
L'economia circolare non è solo un modello economico, ma un'opportunità per ridefinire il nostro rapporto con le risorse e il consumo, ponendo il consumatore al centro della transizione verso uno sviluppo sostenibile. L'economia circolare e il consumo responsabile rappresentano in definitiva una via cruciale per costruire un futuro sostenibile in grado di promuovere un modello economico più resiliente ed equo per le generazioni future.
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